Fabrizio Jauch è un geologo di laboratorio di lontane origini geofisiche e vulcanologo amatoriale a tempo perso. Questa è la sua seconda fatica letteraria. La prima non l’ha mai letta nessuno: si tratta della sua tesi di dottorato conseguita al Politecnico Federale di Zurigo a cavallo del secolo scorso e probabilmente inconsciamente accolta come tale nella confusione dei festeggiamenti di fine millennio. Ha iniziato quest’opera senza sapere di preciso dove l’avrebbe condotto.
Si è ritrovato a dover prender atto con tremenda angoscia dell’allucinante portata del fenomeno trattato. Per questo motivo è attualmente oggetto di amorevole e compassionevole assistenza da parte della consorte e dei suoi due figli i quali vivono in profondo stato d’ansia e apprensione per la sua salute mentale. Qualora riuscisse a sopravvivere alle nefaste conseguenze che questo volume gli dovesse comportare, non esclude di continuare in futuro a farsi sempre più nemici con ulteriori capolavori di letteratura contemporanea. Non ha mai avuto un account su Twitter né su Snapchat. Quello su Instagram è ancora incellofanato nella sua confezione originaria e mai utilizzato, mentre quello su Facebook è stato (provvisoriamente) disattivato in tempi non sospetti quando era oramai giunto all’incredibile soglia di quasi ben 80 amici.
Quindi se per assurdità di ipotesi vi dovesse capitare di trovarvi il suo nome, sappiate che si tratta sicuramente di un mitomane.