Avevo da piccolo molta paura del buio. Per rassicurarmi mi dicevano: “Ma nel buio non c’è nessuno” e proprio questo, forse, mi spaventava ancora di più.
Molto coerente e compatto come libro, lessicalmente e stilisticamente meno variopinto del precedente, ma forse proprio per questo in grado di creare quel senso di oppressione e di gorgo che ti trascina in fondo, fino alla rassegnata dolcezza dell'immagine conclusiva dei cuccioli.
Rispetto al libro successivo (che ho letto per primo) ha uno stile meno sicuro di sé e più timido, ma ne è la necessaria premessa, laddove, in quello, le strade erano ormai dimenticate dai predatori, mentre qui ne sono grandemente invase.
5
Claudia -
12 Dic. 2020
Toccante e intenso, un libro breve ma profondissimo, che se ne sta lì in disparte, ma, se lo apri, ti accompagna in una vera e propria discesa agli inferi.
Piccoli frammenti narrativi affidati alla voce di un bambino solo, intervallati da nenie e filastrocche. Porte aperte sul buio, squilli di telefono nella notte, grida e folate di vento creano un’atmosfera da film horror che solo a un livello superficiale caratterizza il libro. Di brano in brano, infatti, si coglie che la paura non appartiene alla fiction, ma ha a che fare con vicende molto più reali e molto più intime.
Il libro si compone di tre parti, omogenee fra loro e scandite da altrettante filastrocche conclusive. Una quarta filastrocca giunge a metà dell’ultima parte, probabilmente a fungere da risonanza della drammaticità del concatenamento fra i due precedenti brani, “Lacrime” e “Immobile e non pensato”. Il timbro del libro è netto fin dal primo frammento, “La stanza di cristallo”, che ci consegna da subito la voce di un narratore piccolo e solo, che ci porterà fino al termine di questo viaggio, dove la “Ninnananna dei cuccioli” suggerisce una certa circolarità di immagini, in un andamento quasi a spirale.
Bello davvero questo libro, asciutto e essenziale, toccante senza essere mai patetico.