Un uomo ritorna in patria dal fronte di guerra in Albania, dopo l’8 settembre e, per il suo passato di fascista, viene rinchiuso nel campo di concentramento di Padula controllato dall’esercito inglese. Un anno dopo, quando viene liberato, egli è un uomo diverso. Esita a tornare dalla sua famiglia. Un bel giorno, però, dichiara a sé stesso: “Devo ricominciare a vivere”; così decide di tornare nella sua città dove, poco tempo dopo, ritrova una ragazza che aveva conosciuto prima della guerra e che gli era piaciuta. I due si sposano e cercano di ricostruirsi un’esistenza attraverso il lavoro. Nove mesi dopo nasce il loro primo figlio. È sua la voce narrante del romanzo. In realtà colui che narra rappresenta tutta la generazione di chi è venuto al mondo subito dopo la Seconda guerra mondiale e le vicende che attraversa sono emblematiche di un’epoca complessa e, per certi aspetti, tormentata che congiunge la cesura tragica di metà Novecento coi giorni che stiamo vivendo. Storia e destino si intrecciano in maniera imprevedibile, sicché quel bisogno, o necessità, di “ricominciare a vivere”, riaffiora ogni tanto a spezzare la linearità di una vita che si salva e si rigenera solo in virtù di un’intima coerenza del nostro personaggio.