La convivialità quattrocentesca padovana riflette il clima umanistico del momento. Un assunto che rimarrebbe tale se un anonimo manoscritto non ne documentasse con precisione alcuni momenti. Il corposo ricettario R3550, conservato presso la Ruskin Gallery di Sheffield in Inghilterra, ci consegna infatti nuove testimonianze di una cucina, quella padovana, finora non sufficientemente indagata, o assimilata talora impropriamente a quella di Venezia. Gli appunti del copista, cronologicamente puntuali, ci proiettano nel clima urbano di Padova sullo scorcio del XV secolo. Al centro della scena, lo Studio patavino con le numerose cerimonie conviviali a carattere pubblico prescritte dagli Statuti e le lussuose cene di professori e rettori. Sullo sfondo, Andrea Mantegna, Platina, il cardinale Ludovico Trevisan e un cuoco, Maestro Martino: personalità che si muovono, con espressioni diverse, nello stesso ambiente culturale, ne assimilano le istanze, ne divulgano gli ideali. L’esposizione accurata di alcuni suntuosi conviti offerti da medici dello Studio e l’indicazione delle corrispondenti ricette sottolineano come la nuova cucina italiana sia ormai approdata anche in questa vivace città, resa particolarmente animata e aperta alle nuove tendenze dal flusso costante e rinnovato degli studenti. Una città che mostra in più occasioni, soprattutto nel periodo storico considerato, una pervicace volontà di autonomia, se non politica, almeno culturale nei confronti della potenza veneziana, sottolineando la sua peculiare attitudine di apertura alle innovazioni in una dimensione tradizionale che sembra manifestarsi anche in campo gastronomico.