Chi si ritrovasse a sfogliare questo libro rimarrebbe se non altro incuriosito dalla varietà di forme artistiche in esso contenute. Dopo un’iniziale carrellata di prose, tra racconti, raccontini e un paio di quelli che altro non saprei definire se non “pezzi” suggestivi quanto singolari, egli si inoltrerebbe in una lunga teoria di componimenti in versi, alcuni assai lunghi e in varia guisa rimati, altri brevissimi e immediati, cui forse più si attaglierebbe la pretenziosa e assai spesso abusata definizione di poesie.
Tra tutte queste pagine scritte impossibile non notare la singolarità di svariate (quarantadue in tutto) tavole fuori testo, rappresentanti disegni che nulla di reale rappresentano ma, di buon grado inchinandosi alle ineffabili regole grafiche dell’armonia compositiva, delle diversità tra pesi e spessori, delle simmetrie e asimmetrie, appagano l’occhio assai più con la loro intrinseca musicalità che d’un palese richiamo formale.
Concludono l’opera un paio di paginette di oziosi aforismi e pensieri.
L’onirico, il surreale e lo stravagante ispirano per lo più i racconti, mentre i componimenti in versi oscillano tra il serio e il faceto, toccando temi tutt’altro che frivoli quali la vecchiezza e la morte come amene e spassose divagazioni dell’animo poetico più capriccioso su mosche iraconde, fidanzate bulemiche o impiegatucci sottomessi. Il tutto a beneficio di un diletto intellettuale che l’autore si augura poter offrire al suo lettore.