L’Organo a canne, come qualsiasi strumento musicale, adempie a una funzione socio-antropologica ben precisa:
“delectare” vel “instruere” e nel senso più propriamente liturgico esercitare un
“ministerium vel servitium religionis, quae graece liturgia vel latria dicitur”(1).
“Allo scopo di favorire l’iniziazione liturgica e l’attuazione pastorale della Liturgia, si istituiscano commissioni liturgiche diocesane o interdiocesane, composte da specialisti di Liturgia, musica, arte sacra, ecc.; potranno far parte anche laici competenti”.
“La celebrazione liturgica dovrà presentare tutte le caratteristiche adeguate a una dignitosa esecuzione”(2).
Si può affermare perciò che l’azione del Concilio Vaticano II ha impresso un cambiamento radicale all’indirizzo liturgico seguito nel corso dei secoli passati.
La Liturgia dopo il Concilio è divenuta più sobria e più breve, guadagnando in espressività. Il Concilio Vaticano II ha propugnato una vera e propria riforma liturgica che ha rappresentato in questi quarant’anni un motivo di grande speranza. L’ermeneutica liturgica, di conseguenza, specialmente nel canto biblico, ha dettato le regole per scoprire il senso o la funzione liturgica che i testi biblici rivestono nell’ambito della celebrazione; ha indicato non solo il modo con cui vengono utilizzati, ma anche la loro composizione e la loro esecuzione musicale. Da ciò scaturisce la funzione dell’Organo a canne nella liturgia riformata: “Aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della Chiesa ed elevare potentemente gli animi a Dio e alle realtà supreme” (3).
Tale ruolo dell’Organo deve coniugarsi necessariamente con la formazione e la funzione dell’organista: “elevare gli animi” grazie alla musica, divenendo perciò interprete competente, operatore culturale, “ministro” che attraverso la musica introduce al mistero del sacro.
(1) S. Agostino, Enarrat. In Ps 135: Pl 37,1757;
(2) Cfr. Sacrosantum Concilium (SC) §28-29;
(3) Cfr. ibidem §120;