Dare un senso alla fatica. È possibile? È ancora possibile dopo gli anni laceranti della pandemia, mentre imperversano conflitti e calamità naturali che sembrano scandire questo tempo senza sosta? Che lettura ne possono fare i giovani, soprattutto studiosi, che si occupano di ricerca e spesso sono in ricerca? Sisifo come metafora della fatica, di ogni tempo, che affligge giovani e non. Una sofferenza non occasionale, ma quotidiana, senza fine addirittura per lui, condannato per l’eternità a spingere un masso sulla cima di un monte e ad assistere poi impotente al suo precipitare a valle. Il tormento di Sisifo è apparentemente assurdo e inutile: occorre ricominciare a spingere daccapo, sempre. Muove da provocazioni simili questo saggio, in ascolto di alcuni “giovani Sisifo”, di ieri e di oggi. Talvolta anche giovanissimi, talentuosi e acerbi, vissuti durante il secondo conflitto mondiale, insieme a loro coetanei contemporanei, gravati da fardelli con nomi, volti, scenari differenti. Eppure, macigni spesso simili, che parlano la stessa lingua, pur essendo di Paesi ed epoche diverse. Un intreccio di volti, di incontri e di parole: le loro. Racconti appresi, ascoltati, condivisi. Storie di ieri e di oggi; forse, chissà, utili anche per domani. L’insieme delle storie, il tentativo di dare voce ai protagonisti e di immaginarli in dialogo, provando a offrire anche a chi legge uno spazio di relazione con le parole e, se possibile, al di là di esse.