La più corrente interpretazione del vecchio detto “fare di necessità virtù”, è l’adattarsi a ciò che è ineluttabile e, quindi, in una situazione senza alternative, disporsi senza eccessive reticenze a farvi fronte nell’unico modo possibile; vi è, anche, chi interpreta il detto come il cogliere l’occasione di un comportamento obbligato per praticare la “virtù”, uno sfruttare l’opportunità di sentirsi, almeno moralmente, gratificato nel compiere una azione non rifiutabile, un modo per convincersi che una seccatura – o peggio – può, in fondo, giovare alla coscienza. Il tentativo è dimostrare che si può agire positivamente anche senza propositi “virtuosi”, per mero “stato di necessità”, per la convinzione di dover fare qualcosa anche se si preferirebbe farne altre, più comode o gratificanti e, inoltre, di spiegare perché questo è compito di una moderna sinistra liberale. Il “sacrificio” non è una virtù; nulla che provochi disagio è “buono”; anche un intervento chirurgico che salva la vita è intrinsecamente doloroso: è razionale riconoscerlo e altrettanto razionale accettarlo come condizione necessitata per sopravvivere. Ecco, la sinistra deve essere un fattore di razionalità; non foss’altro che per il fatto che nell’illudere romanticamente – e nel solleticare demagogicamente i peggiori istinti – è molto più brava la destra.