Concentrato su una scritturalità diffusa, consapevole di essere produttore di segni, l’autore in “Scribbler” suddivide il proprio lavoro in due grandi categorie teoriche: la prima, o “della scrittura” (detta anche “Teoria della Teoria”), relativa all’interpretazione e alla traduzione all’interno di sistemi linguistici codificati, intesi nel loro insieme come elaborazione teorico-pratica; la seconda, relativa alla “scultura” (detta anche “Teoria della Pratica”), che pone al centro il corpo e una pratica dell’improvvisazione estesa, dal gesto allo spazio alla ricerca costante di un asse di equilibrio tra scritturalità e atto.
In brevi frammenti, “intuizioni ed immagini di meraviglia”, poeticamente disarticolati e fuori sintassi, anche rispetto all’impaginato, l’autore concepisce un testo declamato da ripetere “a voce alta” e a memoria “quasi come slogan” in un processo di sintesi refrattario ad ogni semplificazione, inspiegabile ed esoterico, ripiegato verso una mente interiore operante e creatrice.