Ecco il sicario dal cuore spezzato. C’è anche il fratello maggiore, fine aguzzino. Addirittura il serial killer brutale e spietato. Poi, l’uomo che sceglie il silenzio per sopravvivere e la vecchia ballerina stanca.
Questi sono solo alcuni dei molti personaggi che abitano le pagine di questi 30 racconti, usciti dalla prolifica penna di Mauro Fornaro. Dopo la poesia, l’autore padovano sceglie la narrativa per parlare di sé (si pensi all’acuto Lo scrittore) e per allestire una galleria ricca di ritratti originali, talora allegorici, sicuramente taglienti, con nessuna concessione al “happy ending”. I ruoli principali sono per lo più maschili, accomunati dall’incapacità di comunicare con gli altri. Congeniale si rivela l’ambientazione di alcuni scritti proprio in un albergo, muto “testimone di migliaia di vite che appena dietro la luce troveranno il buio. E la morte”. Come la professoressa stronca il compito di uno studente, così il nipote rimane indifferente alla lettura di vecchie lettere del nonno, combattivo e deluso per la mancanza di giustizia sociale nel mondo. Di queste atmosfere tese e distaccate, di queste inquadrature scarne, resta la solitudine, cui ogni personaggio fa fronte come può, nei modi più disparati, a volte disperati. Autori come Lansdale, Bunker, Carver e Orwell, fino a Poe esplicitamente citato in L’uomo che amava troppo il suo paese, si confermano essere fonti di grande ispirazione per Fornaro, tanto da rendere “Se volessi essere disturbato” un omaggio a tutta la letteratura americana a cui egli si è sempre rifatto.