a cura di Guido Michelone e Gian Nissola
Quando [MASSIMO BARBIERO] decide di creare la sua musica in solitudine, i suoni si moltiplicano e si combinano all’infinito, e non solo perché sono tanti i suoi strumenti, ma perché molte sono le emozioni e le sue sensazioni. E altrettanto forte è il bisogno di esprimerle, così che questi finiscono per diventare suoni dell’anima, in un impeto espressivo che regala, preziose possibilità: cercare e trovare nel proprio animo e nel proprio vissuto sensazioni ed emozioni corrispondenti a quei suoni così impalpabili eppure così emotivamente reali.
Daniela Floris
[ENTEN ELLER] Mentre free e improvvisazione radicale dei Sessanta/Settanta proponevano una libertà urlata, aggressiva, qui siamo di fronte a una forma opposta: mansueta, malinconica, che non sfocia in un romanticismo logoro (per giunta vietato dai sacri precetti della musica creativa) ma si ammanta di un soffuso esistenzialismo musicale.
Franco Bergoglio, Jazz.it
[ODWALLA] …I suoni evocati, allora, richiamavano prepotentemente un’azione coreutica, che peraltro in Africa, fonte del ritmo e del jazz, nasce in simbiosi con la percussione.
Anche oggi le loro composizioni non ripudiano la necessità di associarsi alla mimica gestuale e alla danza, anzi. Questa necessità è dettata dal bisogno di indagare e analizzare le fonti più autentiche e arcaiche del jazz.
Marco Basso, “La Stampa”
Questo libro (il quarto su Massimo Barbiero, nato a Ivrea il 4 febbraio 1963), è stato pensato con l’intento di condividere il percorso intellettuale di Massimo Barbiero insieme a molte altre persone, non solo musicisti, ma anche fotografi, critici, musicologi, filosofi, registi, poeti, romanzieri, designer, pittori, danzatrici. Non è questione di narcisismo o vanità: al contrario Barbiero dimostra sincero interesse e razionale passionalità per la condivisione dei saperi e delle conoscenze attraverso il diretto coinvolgimento di esponenti dei più diversi linguaggi espressivi di eterogeneee esperienze socioculturali.
In questo sembra l’erede ideale di quanto promosso, nella città di Ivrea, da Camillo e Adriano Olivetti, soprattutto negli anni Sessanta del Novecento, quando l’industria delle popolarissime macchine da scrivere (e poi dei primi eccellenti personal computer) è una fucina di attività straordinarie che danno vita a un un felice connubio tra lavoro e tempo libero, impresa e sociologia, azienda e umanesimo, cooperazione e utopia.
In omaggio a Ivrea e a un’epoca contrassegnata da una cultura razionale, il cui rigore inventivo viene fatto proprio da Massimo Barbiero, il nostro libro procede con un ordine quasi kantiano, forse in questo complementari, alle scelte esistenzialiste della filosofia di Massimo.
Detto questo, il nostro scritto procede dividendo il lavoro artistico-musicale di Massimo in quattro grandi categorie che prendono in esame i diversi perscorsi progettuali.
Sucessivamente i vari percorsi vengono analizzati, disco per disco, in senso cronologico. Infine i due brevi saggi, a firma rispettivamente di Franco Bergoglio per Enten Eller e di Davide Ielmini per Odwalla, ci aiuteranno ad approfondire genesi e filosofia dei due progetti musicali più importanti, evidenziando i passi da gigante (i coltraniani Giant Steps) compiuto dall’ex ragazzo con la batteria che, in un quarto di secolo, sta rivoluzionando la musica italiana, in una storia ancora tutta da raccontare, magari in un futuro tanto prossimo quanto lontano.