Questioni di metodo e paradigmi indeterminati
Tra paesaggio e piani paesaggistici si colloca la pianificazione, disciplina in grado di generare una relazione intrinseca tra queste due entità delineando i principî e le regole che determinano, insieme all’azione della natura e dell’uomo, la forma e l’assetto di quanto ci circonda. Gli ultimi due secoli di legislazione in materia di paesaggio ci consegnano una situazione che ci riporta, in parte, al 1948 quando, secondo il dettato costituzionale, doveva essere lo Stato a occuparsi della pianificazione paesaggistica. Riflettendo su queste vicende legislative si può leggere in filigrana la storia più recente del nostro Paese. Una storia nella quale le tensioni tra centro e periferia amministrativa hanno avuto alti e bassi, passando da grandi margini di autonomia concessi agli enti locali, tra gli anni Settanta e Novanta, a un progressivo restringimento delle competenze, nel Ventunesimo secolo, quando l’Europa ci spingeva, invece, verso un progressivo allargamento alla partecipazione delle popolazioni all’individuazione dei propri paesaggi. Il saggio analizza il significato del termine paesaggio all’interno dei testi legislativi in materia, mettendolo in relazione con il ruolo che è stato attribuito alla pianificazione paesaggistica ai fini della sua gestione, restituendo una lettura metodologico-disciplinare degli esiti che i processi di piano hanno prodotto nelle esperienze più significative a livello nazionale.