28 aprile giornata mondiale delle vittime dell’amianto:
alle ore 11,30 una delegazione del Comitato porterà fiori alla lapide che le ricorda a Sesto San Giovanni in via Carducci.
Anche se i divieti di governo e regioni per il coronavirus impediscono ogni manifestazione, il nostro Comitato ricorderà comunque, nel rispetto delle norme di sicurezza, tutti i morti chiedendo giustizia per le vittime dell’amianto e per tutti i lavoratori e i cittadini assassinati per il profitto.
Sono passati 28 anni da quando l’Italia ha messo al bando l’amianto, ma siamo ancora uno dei paesi al mondo maggiormente colpiti dall’epidemia di malattie amianto-correlate. Secondo l’Oms, ancora oggi nel mondo sono circa 125 milioni i lavoratori esposti alla fibra killer e nel nostro Paese la bonifica delle costruzioni contenenti amianto procede molto a rilento.
Ogni anno le vittime dell’amianto sono circa 6mila: 3600 per tumore polmonare, 600 per asbestosi, 1800 per mesotelioma, un tipo di cancro molto aggressivo che colpisce la pleura e altre membrane. L’amianto ha ucciso tanti lavoratori e lavoratrici, ma anche persone che respiravano la fibra dai vestiti altrui (per lo più mogli che lavavano le tute e abiti dei mariti) o che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato.
L’amianto ha ucciso, uccide e continuerà ad uccidere ancora perché i tumori che causa, mesotelioma, tumori polmonari, della laringe, asbestosi e nella donna tumore dell’ovaio, e altri ancora, ci mettono decenni a manifestarsi, e il picco è previsto tra il 2025 e il 2030.
Dai dati di Legambiente nel nostro Paese sono circa 370mila le strutture che contengono Eternit: per lo più edifici privati ma anche industriali e pubblici, comprese 2.400 scuole, 1.000 biblioteche e 250 ospedali. Per non parlare della rete idrica: sarebbero 300mila i km di tubature in cui è presente l’asbesto. Si tratta, però, di stime: il censimento dei siti inquinati non è stato completato in tutte le regioni.
In Italia negli ultimi dieci anni i morti per infortuni sul lavoro sono stati più di 17 mila.
Ogni anno sono 1.400 i morti sul lavoro (120 al mese) mentre decine di migliaia sono quelli per malattie professionali (solo per amianto oltre 6.000 all’anno).
A questi numeri vanno aggiunti gli altri morti del profitto causati dai risparmi sulla sicurezza (ponti che crollano, disastri ambientali, inondazioni e altro ancora) e oggi a causa del coronavirus anche medici, infermieri, personale sanitario, addetti alle pulizie degli ospedali.
Una strage che avviene nell’indifferenza che, oggi più che mai, diventa complicità.
ROMPIAMO IL SILENZIO. BASTA MORTI PER IL PROFITTO.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Aprile 2020