Con i cuscini sulla sedia per stare un po’ più alti, il computer sulla scrivania ma chissà se la luce è quella giusta, accovacciati sul divano con il portatile davanti. Le posizioni di chi si è improvvisato smartworker sono quelle di un acrobata maldestro afflitto da cervicale e mal di schiena. Ivan Sartori, fisioterapista presso il poliambulatorio Miamedica di Domegliara (e autore del libro Cura la tua cervicale, edizioni Del Faro), elenca gli accorgimenti per tenere, lavorando da casa, una postura corretta, consapevole che la maggior parte di noi così non fa: la sedia deve essere abbastanza alta in modo che le ginocchia formino un angolo maggiore di 90 gradi, appoggiati a uno schienale rigido, sedersi indietro e non in punta, avere una postura che permetta di guardare il computer in linea retta. «Il portatile, per esempio, rischia di fare danni, perchè se la testa è dritta il collo porta un peso di 4 chilogrammi, se la pieghiamo anche solo di 15 gradi i chili sono 12, tre volte tanto; e se la fletto di 30 gradi diventano 18». Con il portatile in grembo, poi, i chili che il collo deve sostenere arrivano a 27, uno sproposito. I suggerimenti degli esperti (un po’ li sapete, ma li ricordiamo): cambiare ogni tanto posizione, fare esercizi di estensione della schiena, ogni 50 minuti un giretto per casa (nel libro c’è tutto). E poi fermarsi se si sente dolore. Altrimenti la pagheremo con un’infiammazione che, una volta innescata, sarà più difficile da mandare via. «Quando avvertiamo dolore riusciamo a girare il collo di 40 gradi e non di 60, ma spesso ce ne accorgiamo solo quando facciamo retromarcia con l’auto, giriamo tutto il tronco anziché il collo» continua Sartori. Gli smarphone infine ci mettono del proprio: dai fisioterapisti arrivano sempre più giovani con ernie da postura. Non a caso nelle nuove generazioni sta cambiando la morfologia del collo: «È il fenomeno di inversione della curva cervicale: invece di una C aperta all’indietro, avviene il contrario, diventa concava» conclude Sartori. «Non succede dall’oggi al domani, certo. Ma in futuro temo che saremo tutti un po’ più gobbi». (Daniela Mattalia)