Il racconto di legami familiari, di incontri e contatti umani, di amore e di esistenze, che irrompono nelle pagine. Sembra esclusivo frutto di immaginazione e ideazione se, nel foglio di risguardo di “Il nipote bozzolo”, l’autore John Tavilic precisa: “il racconto è inventato. I tempi e i luoghi sono reali”. I personaggi sono per lo più inventati; taluni sono reali. Attore principale è Gianluca (Anni), il nipote “bozzolo d’oro”. Comprimarie sono Maria, la zia che del nipote riesce a leggere anche i pensieri, e Maria Ludovica (Ludi) la ragazza amata. Ludi al centro di un’intensa storia d’amore che procede per accordi e disaccordi sino al tragico finale; storia che si fa spaccato di due opposti mondi, sguardo critico sulla decadente borghesia conservatrice alla quale la ragazza appartiene, in contrasto con la nuova, diffusa volontà di intraprendenza. Ben delineati – veri o inventati – i molti personaggi a lato: i conti Castelbarco, il cardinale Schuster e il cardinale Roncalli, un nonno che produceva telai e un padre che installava filande, un’allegra compagnia di giovani e la signora Emi sposata all’influente “commenda” milanese, una segretaria, due ex ballerini, il barcaiolo Luigi e don Luigi che ha per socio-finanziatore il Padreterno. Nello scorrere della vita e dei diversi destini, i tempi sono reali; siamo al dopo Seconda guerra mondiale, in piena trasformazione e sviluppo economico della nuova società italiana. Sono reali i luoghi: la Brianza e le colline bergamasche, il fiume Adda che specchia la luna, Lecco e Venezia, Parigi, Ginevra, New York e Sant’Egidio a Fontanella di Sotto il Monte, e – tanto significante nel racconto – Bellagio e il bivio di Onno. In agile semplicità, la narrazione è accattivante e scorrevole, resa vivace da note storiche, aneddoti popolari, sentenze spontaneamente dialettali, rimandi letterari e poetici. Sensibile la descrizione del paesaggio e della natura: fiori di robinia che sfiorano le acque, la curva dell’Adda che sta alle spalle della Gioconda e il traghetto leonardesco che collega le due sponde del fiume. Il ritmo, ora lento ora vivace, si adegua alla costruzione narrativa che sempre invita a riflettere per comprendere la vita e le esperienze. Nella seconda parte del romanzo, si va a concludere l’esistenza stessa del protagonista, ora in raggiunta serenità familiare. Dal matrimonio con Giulia sono nati Luca e Beatrice; con il figlio adottivo Alex, essi costituiscono il suo orgoglio, la sua felicità! Avrà Gianluca dimenticato/scordato Maria Ludovica? Se quel primo, totalizzante amore sia uscito dalla mente/dal cuore dell’antico ragazzo innamorato, nel racconto non si dice. Rimarginate le ferite, con l’aiuto di chi ci vuole bene, con coraggio e determinazione, attraverso il sostegno della fede e dei principi, è possibile trasformare il dolore in disponibilità alla vita, ritrovare nel lavoro, negli affetti, nel credo cristiano consolazione e speranza, risarcimento alle crudeltà del destino. Tre pensieri abbia l’uomo: uno al lavoro, uno all’amore, uno al Creatore. La poesia mandata a memoria da Gianluca alla scuola elementare si è fatta nucleo originario di comportamento esistenziale. E di racconto. Una storia di lavoro, di amore, di riposta fiducia nelle mani di Dio.