Altro libro, questa volta si parla di guerra, con frasi brevissime e taglienti, con espressioni che rimandano al dolore della gente, alla distruzione delle città, in un’atmosfera grigia dall’odore del fango: è «Ombre russe», di Paolo Pardini, già giornalista della RAI, che sa sintetizzare senza perdere di efficacia, sa stupire senza ricorrere a frottole, sa raccontare con linguaggio asciutto, sa «scavare».
Potremmo pensare alla guerra che oggi si combatte in Ucraina, invece la storia è ambientata nel 1992, durante le ostilità che contrapposero Moldavia e Transnistria, repubblica fedele a Mosca: è una storia di morte e di dolore, ma è anche la storia di un amore inatteso e intenso che sconvolge la vita di due persone adulte, in un momento in cui la vita scorreva a fatica in «una città sotto assedio, dove morire non faceva notizia, in una fredda notte d’inverno sul finire di una stagione irripetibile della storia».
Julia, dagli occhi di smeraldo, è la donna che colpisce al cuore un giornalista che pensava solo che avrebbe scritto e trasmesso delle notizie, un giornalista libero e pronto a raccontare scene di guerra, non a vivere un amore appassionato, non a condividere la delusione e l’amarezza di una bellissima ingegnera mineraria fedele a Mosca, sottratta suo malgrado alla lotta attiva per farla diventare una giornalista della tv, pronta comunque anche ad imbracciare il suo kalashnikov.